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I vaccini nell'era globale

Martedì 15 febbraio 2011, ore 20,30

Evento trasmesso in diretta su Internet: www.scicafe.eu/node/18
Guarda la registrazione: prima parte - seconda parte

Era il 1778 quando il medico britannico Edward Jenner utilizzò con successo il materiale purulento di una vacca infetta da vaiolo per immunizzare il proprio figlio contro la malattia.
Oggi la vaccinazione è un modo efficace e democratico per ottenere la protezione da alcune gravi malattie. E non solo: se nella popolazione si ha un elevato grado di copertura vaccinale, l'infezione ha una possibilità di diffusione talmente limitata da far scomparire del tutto la malattia. L'assenza di serie minacce causate da malattie infettive, almeno nei paesi ricchi, viene data spesso per scontata, dimenticando che questo risultato è stato reso possibile anche dalle campagne di vaccinazione, e che questo impegno deve essere rinnovato a ogni nuova generazione.
Le nuove vaccinazioni sono più sicure di quelle del passato perché basate su tecnologie innovative che non utilizzano più i germi nella loro forma originale. Ogni anno si annunciano nuove pandemie e la globalizzazione ha aperto le frontiere alla libera circolazione dei germi. Nuove sfide si propongono a ricercatori ed epidemiologi: i vaccini di domani saranno in grado di proteggerci contro vecchie e nuove malattie? Potremmo contare su vaccini globali in un'era globale?

Antonella Folgori

Antonella Folgori ha ottenuto il Dottorato di Ricerca in Biologia Molecolare e Cellulare dall'Università "La Sapienza" nel 1994. Come studente di dottorato ha frequentato i laboratori dell'IRBM (Istituto di Ricerca di Biologia Molecolare, poi divenuto parte dell'industria farmaceutica "Merck") dove ha focalizzato il suo interesse scientifico nel campo della diagnosi e prevenzione di malattie infettive croniche. Dopo aver trascorso due anni presso l'"Institute de Genetique et de Biologie Moleculaire et Cellulaire" (IGBMC) di Strasburgo è tornata all'IRBM dove ha svolto un ruolo primario nel progetto di sviluppo di un vaccino per l'epatite C. È co-autrice di diverse pubblicazioni scientifiche nel campo dell'immunologia e della ricerca su vaccini di nuova generazione.
Dal 2007 dirige il dipartimento di immunologia di "Okairos", una spin off industriale di cui è co-fondatrice, dedicata alla scoperta e allo sviluppo di vaccini genetici per importanti malattie infettive.

Enea Spada

Primo Ricercatore presso il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Medico, specializzato in Igiene e Medicina preventiva, ha iniziato a lavorare nella ricerca presso l'Istituto di Igiene dell'Università di Roma, occupandosi di zoonosi. Ha poi collaborato con il Dipartimento di Prevenzione della ASL, occupandosi principalmente di vaccinazioni, e presso il Laboratorio di Virologia dell'ISS.
Il suo campo di ricerca prevalente è quello delle epatiti virali: sistemi di sorveglianza delle epatiti acute, campagne di prevenzione, studio delle cause delle epidemie e loro controllo, infezioni nosocomiali; ma anche studi clinici, di efficacia di terapie e di misure preventive.




Letture

da Alessandro Manzoni, I promessi sposi

La processione passò per tutti i quartieri della città: a ognuno di que' crocicchi, o piazzette, dove le strade principali sboccan ne' borghi, e che allora serbavano l'antico nome di carrobi, ora rimasto a uno solo, si faceva una fermata, posando la cassa accanto alla croce che in ognuno era stata eretta da san Carlo, nella peste antecedente, e delle quali alcune sono tuttavia in piedi: di maniera che si tornò in duomo un pezzo dopo il mezzogiorno.
Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l'occasione, nella processione medesima. Ma, oh forze mirabili e dolorose d'un pregiudizio generale! non già al trovarsi insieme tante persone, e per tanto tempo, non all'infinita moltiplicazione de' contatti fortuiti, attribuivano i più quell'effetto; l'attribuivano alla facilità che gli untori ci avessero trovata d'eseguire in grande il loro empio disegno. Si disse che, mescolati nella folla, avessero infettati col loro unguento quanti più avevan potuto. Ma siccome questo non pareva un mezzo bastante, né appropriato a una mortalità così vasta, e così diffusa in ogni classe di persone; siccome, a quel che pare, non era stato possibile all'occhio così attento, e pur così travedente, del sospetto, di scorgere untumi, macchie di nessuna sorte, su' muri, né altrove; così si ricorse, per la spiegazion del fatto, a quell'altro ritrovato, già vecchio, e ricevuto allora nella scienza comune d'Europa, delle polveri venefiche e malefiche; si disse che polveri tali, sparse lungo la strada, e specialmente ai luoghi delle fermate, si fossero attaccate agli strascichi de' vestiti, e tanto più ai piedi, che in gran numero erano quel giorno andati in giro scalzi. "Vide pertanto," dice uno scrittore contemporaneo, "l'istesso giorno della processione, la pietà cozzar con l'empietà, la perfidia con la sincerità, la perdita con l'acquisto." Ed era in vece il povero senno umano che cozzava co' fantasmi creati da sé.



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